Dolori muscolari = "buon allenamento"?

Siamo lì che stiamo per portare a termine la nostra seduta di allenamento: oggi è stata impegnativa, ero carico, ho davvero dato l’anima. Poi, oh, oggi il trainer si è proprio accanito, mi ha spezzato!! Oddio, domani non cammino, non alzerò nemmeno il braccio per bere, però sono soddisfatto, oggi sono davvero cotto.
Il giorno dopo ci aspettiamo - al rialzarsi dal letto - di crollare sulle gambe come un cucciolo di giraffa. E che succede invece? Ci sentiamo bene, in forma. L’allenamento è solo un ricordo e non abbiamo dolori. Da lì scatta una situazione di simil panico, come se l’allenamento non fosse stato così efficace. Il pensiero rimane, e - quando si ha l’opportunità di sentire il trainer - la prima cosa che viene detta è “Oh, non ho sentito nulla. Quindi? Mi sono allenato male? Possiamo fare di più?”.
Un trainer capace e competente vi spiegherà che non è necessario avere dolori, solo che il più delle volte il cliente non è convinto, per via delle tante leggende da palestra che girano da anni ormai.”Non ho sentito l’acido lattico”, è la frase più usata e quella che - scusate se ve lo confessiamo così brutalmente - ci fa più sorridere.
Cosa sono i dolori post allenamento? Da cosa sono dovuti? Sono necessari? Sono legati all’acido lattico? E questo povero acido lattico…...cosa c’entra con l’allenamento??
Analizziamo tutte queste domande e vediamo che cosa succede durante e dopo un allenamento.
Partiamo dalla cosa che tutti conosciamo (o pensiamo di conoscere): l’ACIDO LATTICO. Cosa è e come interviene?
L’acido lattico (spesso chiamato per comodità lattato - anche se non è la stessa cosa) è un composto tossico la cui comparsa nel sangue è correlata all’aumento dalla fatica. Più fatichiamo, più acido lattico produciamo. Il corpo umano conosce diversi metodi per smaltirlo: il cuore lo metabolizza a scopo energetico, il fegato lo riconverte in glucosio; quindi l’acido lattico non è un vero e proprio prodotto di rifiuto. Nel muscolo sotto sforzo la produzione di acido lattico è massiccia soprattutto nelle fibre veloci (bianche) che hanno un potere glicolitico anaerobico superiore a quelle rosse o resistenti.
Alla stessa intensità di esercizio, la quantità di acido lattico prodotta è inversamente proporzionale al grado di allenamento del soggetto. Ciò significa che se un atleta ed un sedentario corrono alla stessa velocità, quest'ultimo produce molto più acido lattico rispetto al primo e lo smaltisce con maggiori difficoltà. Quando le richieste energetiche non bastano più, viene attivata una via accessoria per la produzione di energia che porta a un brusco incremento dell’acido lattico nel sangue (soglia anaerobica) e una conseguente difficoltà nell’eliminarlo. L'acido lattico inizia ad accumularsi nei muscoli e nel sangue quando la velocità di sintesi supera la velocità di smaltimento; approssimativamente, tale condizione, si innesca quando, durante un esercizio fisico intenso, la frequenza cardiaca supera l'80% (per i non allenati) ed il 90% (per i più allenati) della frequenza cardiaca massima.
In parole povere, e portando un esempio pratico: avete presente quando, a seguito di ripetuti squat, andate in affanno e i muscoli bruciano? Ecco, lì c’è una sovrapproduzione di acido lattico, ed è una soglia che con l’allenamento possiamo alzare, dunque migliorare.
Di per sé, l'acido lattico viene smaltito nel giro di 2 o 3 ore, e la sua quantità si dimezza ogni 15-30 minuti a seconda dell'allenamento e della quantità di acido lattico prodotto.
Quindi...i dolori post allenamento NON SONO dovuti all’acido lattico.
Ah, e a cosa sono dovuti?
I dolori muscolari post allenamento, detti DOMS (Delayed Onset Muscle Soreness) sono un indicatore approssimativo e indiretto del danno muscolare e sono legati all’infiammazione e a microlesioni di varie strutture, su cui non starò a dilungarmi né a entrare nel dettaglio. Solitamente, anche il trainer cui vi rivolgete lo sa, ma fa finta di nulla e ci marcia sopra per darvi l’idea che come lui non vi allena nessuno. Anche io, quando me lo chiedono, non sto a correggere le persone dicendo che non è acido lattico (è nozionismo, e un trainer insegna, non fa sfoggio di nozioni) o a spiegare i dettagli perché sono abbastanza noiosi, tranne quando suppongono che l’allenamento non sia stato efficiente e allora mi prendo la briga di annoiarli e di diventare nozionistico.
Il DOMS è sensibile a vari fattori, e uno di questi è il “nuovo stimolo”: la scheda nuova, l’esercizio nuovo, allenarsi dopo uno scarico, aumento del volume o dell’intensità. Quindi il nuovo stimolo è più produttivo? No, ma - seguendo l’effetto degli stimoli ripetuti (RBE, Repeated Bout Effects) - fare sempre lo stesso lavoro con lo stesso carico, la stessa intensità e lo stesso volume, porta a un attenuarsi del DOMS, non del danno muscolare!!
Se dietro c’è una programmazione degli allenamenti, le variabili non sono mai costanti e non si entra mai in una fase di stallo. Ergo: rivolgetevi a un trainer qualificato.
Sono quindi indicatori di un buon allenamento? Assolutamente NO. E’ possibile avvertire DOMS con un minimo danno muscolare o non percepire nulla e avere un danno muscolare importante. Tra l’altro ci sono dei muscoli su cui i dolori muscolari sono pressoché nulli sempre: il deltoide è uno di questi. Quanti di voi hanno mai sentito dolore localizzato al deltoide post allenamento? (Tutt’al più al trapezio)
La ricerca ha provato a spiegarli in diversi modi: c’è chi dice che possano derivare dalla rottura della fibra muscolare colpita, ma non c’è una relazione stretta. Oltretutto, danneggiare la fibra muscolare - se non si viene incontro a un recupero funzionale della stessa durante la fase di sintesi proteica - non è per niente un bene.
Due dei massimi esponenti mondiali della cultura fisica, Bret Contreras e Charles Poliquin, sui DOMS si sono espressi senza mezzi termini: “i DOMS sono senza dubbio l’indicatore più sopravvalutato nel campo dell’allenamento”.
Secondo ultime teorie, sarebbe la lesione delle terminazioni nervose eccessivamente compresse intrappolate nel fuso neuromuscolare a causare la sintomatologia dei DOMS.
Tradotto: un danno NERVOSO, non muscolare.
Quindi, se volete, anche estremamente negativo, soprattutto se poi non si seguono degli schemi alimentari o di recupero tali da mitigare questo danno. Di certo non starei a farci stretching sopra post allenamento (anche qui, lo vedremo in un successivo articolo).
Senza entrare in terminologia tecnica, vorreste mai provare - a seguito dell’allenamento - un qualcosa che è stato definito come: “l’indolenzimento accompagnato da rigidità muscolare, gonfiore, perdita della capacità di generare forza, ridotto R.O.M. e diminuzione della funzione propriocettiva”?
Un allenamento ad alta intensità, come i pesi o come l’EMS Training, crea delle fratture nelle miofibrille e quindi danno muscolare, ma questo deve essere gestito in maniera sapiente dall’operatore. Non far muovere le persone per una settimana è sintomatico di aver ecceduto troppo nel carico di lavoro che il soggetto può sopportare, e quindi paradossalmente creargli un danno piuttosto che un beneficio.
Torno quindi a chiedervi: siete sicuri di voler sentire i DOMS la prossima volta?