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Perchè facciamo stretching?


Stretching, miti e leggende di una delle tecniche più usate e abusate del fitness.

Il mondo dello stretching segue le stesse regole di quello del fitness: “che ci vuole a farlo?” e poi si verificano infortuni, il muscolo non si allunga/decontrae, le rigidità non passano e…..udite udite, addirittura si peggiora!!

Come mai? Anzitutto bisogna capire e studiare quale sia il protocollo migliore di stretching per un determinato soggetto.

  • stretching passivo

  • stretching attivo

  • stretching coi pesi

  • PNF

  • stretching isolato attivo

  • stretching statico

  • ….

Difficile scegliere vero?

Soprattutto la domanda vera e propria è : perché facciamo stretching? Dove lo inseriamo? E’ davvero utile farlo pre allenamento? Post allenamento? In un giorno dedicato?

Di sicuro, è utile per aumentare la flessibilità: la flessibilità si riferisce alle proprietà intrinseche dei tessuti corporei che determinano il massimo raggio di movimento articolare senza causare lesioni.

Perché risulta difficile capire quale sia lo stretching migliore? Perché anzitutto va capito se la tensione muscolare è attiva (dovuta ai motoneuroni alfa e gamma) o passiva (fascia) - non entreremo nel dettaglio fisiologico - e poi perché molto più banalmente non è detto che un esercizio dia sempre gli stessi risultati.

Esempio pratico: stendetevi pancia sopra e portate un ginocchio al petto. Da lì, mantenendo sempre il ginocchio attaccato il più possibile al petto, stendete la gamba. Dove sarà maggiormente avvertita la tensione? Probabilmente più verso la zona glutea/parte alta posteriore della coscia.

Ora, tornate distesi pancia sopra e ripetete la cosa ma tenendo sempre la gamba tesa e portandola al petto più vicina possibile (super tesa!). Dove sarà avvertita maggiormente la tensione? Probabilmente in zona centrale posteriore della coscia e/o sotto il ginocchio.

Pur essendo l'esercizio per circa gli stessi muscoli, il risultato cambia.

La disamina dei diversi tipi di stretching la lasceremo ai trainer, nel senso che è loro - nostra, dunque - competenza decidere quale sia l’attività migliore in base all’obiettivo e/o alle problematiche presenti (paramorfismi, disformismi, rotazioni, test di forza, ecc..)

La differenza principale è l’allenamento della mobilità articolare specifica e quello della flessibilità; per quanto sinonimi, gli approcci sono diversi.

Quante volte, prima di fare la corsetta o la partitella del mercoledì di calcetto, fate una lieve corsetta per “scaldarvi” e poi allungamento della parte posteriore delle gambe, magari degli slanci, mettete il piede su un muretto, gamba semi tesa (perché a stenderla del tutto non ci riuscite..) con successivo afferrare della punta del piede e cercare di far tirare di più la gamba. Bene, avete svolto almeno 3 tipi diversi di stretching!! E, mi duole dirlo, tutti sono stati perfettamente inutili, anzi avete rischiato maggiormente di infortunarvi!! Con lo stretching, infatti, è possibile anche un aumento della soglia del dolore, andando ad incidere sui nocicettori, e dunque un aumento del rischio di infortunio.

Dunque, prima di allenarsi, lo stretching - fossi in voi - lo eviterei. Stesso identico discorso per chi fa i pesi in palestra...non è molto, ehm, intelligente andare ad allungare un muscolo (e alzargli la soglia del dolore) che di lì a poco sarà accorciato (lo strappo è dietro l’angolo).

Purtroppo mi trovo costretto a scendere in qualche tecnicismo fisiologico per cercare di descrivere cosa fa lo stretching.

Con lo stretching (classico, per semplicità) si attivano i “fusi neuromuscolari” (dei recettori che scorrono paralleli alle fibre muscolari), i quali forniscono input sensoriali sul midollo spinale, rilevando le variazioni di allungamento muscolare e la velocità con cui questo si svolge (ergo: occhio a non essere troppo veloci in questa variazione). Gli assoni sensoriali 1a (i più grossi e veloci) a seconda dello stato muscolare, ricevono una scarica proveniente dai fusi. Quando il muscolo è stirato la frequenza di scarica tende ad aumentare, al contrario diminuisce quando si accorcia.

La fibra 1a e il motoneurone alfa che innerva il muscolo vanno a formare “l’arco riflesso di stiramento o riflesso miotatico monosinaptico”. Quando vi dicono di “molleggiare per far stirare il tendine” voi andate a stimolare inconsapevolmente questo riflesso, e il muscolo cosa fa al posto di allungarsi? SI ACCORCIA…

Sto per caso dicendo che lo stretching sia inutile e dannoso? No, dipende da come lo si fa e da quando lo si fa.

Per scaldarsi, non è decisamente una metodologia valida, a meno che non vogliate avere una malattia dall’ufficio di qualche giorno.

Post allenamento invece? Analizziamo la situazione.. La risposta è “dipende”: da cosa? da come lo si fa. Dopo un intenso allenamento coi pesi, o di contrazione muscolare, il muscolo è stato accorciato e ciò è quello che desideriamo per avere tonicità e ipertrofia. Se eseguo uno stretching molto pesante e molto forzato perché voglio sentire la sensazione di allungamento e di pseudo benessere, vado a creare un danno su una struttura fortemente accorciata e quindi rischio addirittura uno strappo.

Se, invece, lo si fa in modo molto, molto ma molto blando (magari passivo o leggermente dinamico) allora può essere utile per facilitare il recupero muscolare e regalare elasticità al muscolo. Non è invece provato che lo stretching prevenga il sopravvenire dei DOMS (cosa sono? ne abbiamo parlato qui), ma questo fa parte della mitologia da palestra che non si sa bene da dove derivi.

Un’altra considerazione da fare è l’applicazione dello stretching pre gara o pre competizione, anche se si tratta di un giorno prima. Diverse ricerche scientifiche hanno evidenziato di come - per l’atleta - una seduta di stretching pre gara comporti una diminuzione (fino al 30%) della prestazione di sprint, una perdita della capacità di forza massimale e di resistenza alla forza, oppure di capacità di salto, e quindi della possibilità da parte dell'unità muscolo-tendinea di accumulare energia elastica nel corso della fase eccentrica del movimento e di restituirla, sotto forma di lavoro meccanico, durante la fase concentrica dello stesso.

Che cosa evinciamo da tutto questo? Che tipi particolari di stretching devono essere dosati e sottoscritti da un trainer qualificato in base al soggetto e ai suoi obiettivi e/o problematiche. Vista la semplicità e l’intuitività di questo tipo di allenamento, lo stretching passivo è il più indicato per i soggetti principianti (coloro che si affacciano allo stretching per le prime volte, oppure per chi è molto rigido). Non solo per la sua semplicità, ma anche per un discorso di pesantezza e rischio di infortuni: lasciar allungare un muscolo sotto gravità, senza sottoporlo a bruschi allungamenti (come nello stretching dinamico) o allungamenti forzati (come nello stretching con l'ausilio di pesi) ecc. sarà più sicuro per il soggetto principiante e porterà ad una progressione graduale nel tempo. Inoltre, nei soggetti rigidi, metodi avanzati hanno minor efficacia in quanto potranno agire su un range di movimento troppo ridotto, quando hanno bisogno di maggior elasticità muscolare per essere produttivi. Quindi, se siete principianti, lo stretching passivo sarà il vostro migliore amico.

Magari da fare in una sessione dedicata durante la settimana, ovvero non nello stesso giorno dell’allenamento, oppure in modo molto blando post allenamento per avere un po’ di sollievo articolare dopo la prestazione.

E quindi cosa faccio per scaldarmi? Anche qui dipende dai casi e dall’attività che si va a fare. Nell’EMS Training, per dire, non è assolutamente necessario dal momento che è un’attività che non prevede sprint, pesi, salti, ecc. e che - per come è strutturato - lavora molto sulla flessibilità della persona in base agli esercizi che si fanno svolgere e a come essi vengono somministrati.

In un allenamento “classico”, il riscaldamento deve essere sempre propedeutico all’attività che si andrà a svolgere di lì a breve. Se devo correre (la classica corsetta della domenica amatoriale) dovrò replicare una corsetta sul posto, attivare la muscolatura delle gambe, senza fare scatti o cambi di direzione (come, invece, succede in sport situazionali come il calcio). Non andrò a fare la cyclette…

Nell’allenamento coi pesi utilizzerò la cosiddetta tecnica del ramping, ad oggi purtroppo sottovalutata e passata di moda: se il mio carico allenante sono i 100kg, non è che carico 100kg dopo una passeggiata sul tapis roulant, ma andrò a eseguire 3-4 ripetizioni con il 20% di quel carico, poi altre 3-4 con qualche kg in più, fino a 100kg, peso da cui comincerò a contare le serie allenanti (cosa che invece ad oggi nessuno fa, perché magari contano le serie di ramping come allenanti, e poi si chiedono perché non hanno risultati).

Questa metodica attiverà il muscolo target (lo si fa con l’esercizio che voglio svolgere) e ci permetterà quindi di gestire un carico maggiore (più peso = più ipertrofia, è legge non lo invento io).

#stretching #flessibilità #mobilità #personaltraining

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